Un buon rapporto personale tra i leader e la convinta appartenenza atlantica, rafforzata dal comune sforzo bellico in Ucraina, sono premesse molto positive di un primo bilaterale sul quale influisce positivamente anche la crescita e la stabilità del sistema Italia in un momento di difficoltà di Germani e Francia 

Joe Biden e Giorgia Meloni

 di Guido Talarico

L’incontro di giovedì tra il Presidente americano Joseph Biden e il primo ministro italiano Giorgia Meloni, ha tutti gli elementi per essere un successo. Intanto perché parte da un non scontato invito personale di Biden, poi perché arriva in un momento in cui Francia e Germania sembrano essere indebolite dai loro problemi politici ed economici interni mentre al contrario il Presidente del consiglio italiano è reduce da un’azione di Governo più che positiva (l’Italia è uno dei paesi che cresce di più in Europa) e dai consensi conquistati anche sui vari tavoli internazionali su temi delicati coma la guerra in Ucraina e la questione dell’immigrazione illegale. Premesse più che buone anche se l’incontro non è privo di sfide da dover affrontare. Vediamole meglio.

L’empatia che si è creata tra i due leader è già stata registrata dagli osservatori a valle dei precedenti incontri e rappresenta certamente un ottimo punto di partenza per questo bilaterale. Poi vi sono una serie di altri punti che giocano a favore di Meloni. Il primo deriva proprio da maggior peso che questo Governo ha saputo dare al Paese. In un momento di sofferenza per il Presidente francese Emmanuel Macron, occupato ad affrontare forti tensioni interne, e per quello tedesco, Olaf Scoltz, preoccupato da un crisi economica che il suo paese non è abituato a gestire, l’Italia non solo cresce economicamente ma appare come uno dei pochi stati in Europa stabili ed grado di proseguire nella via della crescita nonostante la guerra. L’incerto risultato elettorale della Spagna poi non fa che confermare l’eccezione positiva rappresentata dall’Italia.

Poi vi è anche il profilo umano. La premier Meloni nel giro di pochi mesi ha saputo farsi apprezzare per il suo piglio pragmatico e per il suo impegno ad affrontare con efficacia tutti i dossier più importanti. Un atteggiamento che ha contribuito a far considerare l’Italia, mese dopo mese, forse come il partner più affidabile che oggi gli americani hanno in Europa. Insomma, se si considera che il Governo Meloni è nato soltanto il 22 ottobre scorso non si può non concludere che la strada recuperata sia tanta.

Giorgia Meloni

Certo sul tavolo, rimangono anche questioni spinose da dover affrontare. Il punto più delicato dell’incontro è la promessa dell’Italia di voler rescindere l’accordo con la Cina sulla Belt and Road Initiative. Accordo indigesto a Washington, per evidenti ragioni geopolitiche prima ancora che commerciali, i cui propositi risolutivi ora l’amministrazione Biden vorrà verificare nel dettaglio. Va ricordato che l’accordo fu sottoscritto nel 2019 per volere dell’allora Premier Giuseppe Conte e che l’Italia fu il primo Paese Europeo a firmarlo.

Il problema c’è perché le modalità e i termini del ritiro dell’Italia da un accordo che Pechino considera vitale al momento sono tutt’altro che definiti. La Cina per altro potrebbe anche avviare ritorsioni contro l’Italia, se Roma dovesse rompere l’accordo. Ritorsioni che Pechino potrebbe usare sia come deterrente verso altre nazioni riluttanti, sia per mantenere il punto in questo scontro di posizioni che da anni la vede contrapposta agli Stati Uniti, provocando così un ulteriore crescendo di tensione su tutto lo scacchiere internazionale.

Per capire meglio quanto complicato sia questa questione, basti ricordare che gli accordi sottoscritti coprono diversi settori, come tecnologia, agricoltura, cultura e media. La portata ciclopica del piano ha impatti sia economici che geopolitici in grado di cambiare gli assetti correnti e di spostare ad oriente il bacino dell’Europa che fino al oggi è stato invece sempre filo occidentale. Il memorandum firmato include 29 accordi, 10 tra aziende private italiane e cinesi e 19 istituzionali, per un valore totale di 7 miliardi di euro. Gli accordi istituzionali riguardano la collaborazione tra startup innovative, l’e-commerce, il settore sanitario e la prevenzione del traffico illecito di beni culturali. L’accordo prevede anche la restituzione di 796 reperti archeologici al patrimonio culturale cinese e impegni nella promozione e conservazione dei siti italiani e cinesi iscritti nelle Liste del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Biden, Meloni e Zalensky

Bastano questi pochi dati per dimostrare l’importanza del Memorandum firmato tra Cina e Italia, la conseguente avversità americana e dunque la delicatezza del bilaterale Usa Italia che si apre giovedì. Il rischio non banale – e anche quello più evidente – è che l’Italia possa alla fine restare compressa tra le contrapposte pressioni delle due super potenze mondiali.

Anche questo delicato tema cinese tuttavia Meloni sembra in grado di poterlo affrontare con buone chance di riuscita.  La Premier, affiancata da un Consigliere diplomatico esperto come Francesco Talò, già efficace Console italiano a New York, e da una ambasciatrice preparata e grande conoscitrice dell’amministrazione americana, come Mariangela Zappia, pare sia ben preparata ad affrontare la questione cinese e abbia le tante carte da giocare, partendo da trasparenza e fiducia. Doti negoziali particolarmente care agli americani.

Poi ci sono sono le altre questioni prioritarie per Washington. La prima è il ruolo dell’Italia nella guerra in Ucraina. Meloni ha appoggiato senza se e senza ma la linea della Nato riuscendo ad apparire fedele ed affidabile e anche più atlantista di Draghi. Un sostegno pieno che rafforza la dottrina bellica di Biden e contribuisce a tenere unita l’Europa. In questo senso giovano anche i buoni rapporti personali che Meloni ha con il premier della Polonia, Mateusz Morawiecki, e con quello dell’Ungheria, Viktor Orban. Nel bilaterale poi verranno anche affrontati i temi economici, soprattutto in settori strategici come quello della Difesa, della Cyber Security, dell’Intelligenza Artificiale, dello Spazio e della Information Technology, senza naturalmente dimenticare tutta la filiera storica del “made in Italy” che in America ha il suo sbocco naturale.

Giorgia Meloni

Infine, le tante questioni mediterranee. Per gli interessi americani, Meloni anche su questo fronte ha avuto un approccio tranquillizzante. Dalla Libia, all’Algeria, alla Tunisia la Presidente del consiglio italiano ha saputo dimostrare di avere capacità per dare stimolo ad una politica europea condivisa sia sul fronte dell’immigrazione che delle questioni umanitarie. E la stessa partecipazione di Meloni alla conferenza della Fao sui sistemi alimentari è andata in questa direzione. Infine, anche la forte relazione creata con la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che Meloni ha saputo costruire in breve tempo, superando le diffidenze originarie, ha contribuito a mantenere in Europa gli equilibri utili a Washington.

Insomma, questa prima visita istituzionale nella capitale politica americana, pur con la delicata questione cinese da affrontare, rappresenta per Giorgia Meloni un’occasione preziosa per sottolineare davanti al nostro più importante alleato che il suo Governo ha ottenuto in pochi mesi risultati importanti e soprattutto che oggi è forse l’alleato più stabile ed affidabile di cui Washington dispone in Europa.  Senza dimenticare che la visita sarà anche l’occasione per sottolineare il ruolo che l’Italia potrà giocare nella ricerca della pace in Ucraina, grazie anche alla mediazione che il Vaticano e la Comunità di Sant’Egidio stanno tentando di portare a casa anche attraverso l’opera del Presidente dei vescovi italiani, Matteo Zuppi.

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