MILANO – “Personalmente ho donato per l’emergenza 1.000.000. Ventuno top manager della banca altri cinque milioni, Intesa Sanpaolo ne ha donati 100. Siamo di certo la banca che ha dato di più al mondo per contrastare il Covid-19, e vale anche per il suo management”. E’ quanto ha detto, in una intervista rilasciata ad Andrea Greco de La Repubblica, Carlo Messina, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, analizzando il difficile momento che sta vivendo il nostro paese e facendo il punto sulle principali questioni che in queste settimane vedono protagonista l’istituto di credito milanese. “Nel paese – ha proseguito Messina – c’è grande ricchezza privata, e imprese solide. E’ necessario fare di più da parte di chi è in grado di aiutare oggi la sanità, e domani il tessuto sociale che subirà gravi strappi. È un fatto di cultura e di valori: nei prossimi due anni dovremmo aumentare pratiche del genere. E il valore segnaletico di imprese e banche sui cittadini è importante”.

In merito poi alle attività che Intesa San Paolo sta facendo per contrastare la pandemia, Messina è stato analitico: “Abbiamo sempre tenuto aperte, in modo flessibile, le nostre filiali, con meccanismi di massima tutela per chi ci lavora e chi ci affluiva. Un modo per garantire la nostra funzione pubblica, il che comunque non c’ha evitato di avere oltre 150 colleghi colpiti dal Covid-19. Confermiamo il nostro ruolo a sostegno del paese con 450 miliardi di accordati, ovvero risorse che mettiamo a disposizione, e che rappresentano oltre il 25% del Pil. A marzo abbiamo erogato nuovi crediti per cinque miliardi: senza garanzie di alcun tipo, e credo siamo tra i pochi a farlo nel mese in cui il virus esplodeva. Al contempo abbiamo messo a disposizione un plafond da 15 miliardi per il nuovo credito e le misure varate dal governo lunedì ci consentono di aumentare subito la dotazione a 50 miliardi. Non dimentichiamo che il tempo è un fattore chiave: per questo ho dato disposizione ad alcuni nostri uffici che non fanno parte della divisione commerciale di unirsi alla rete, per avere subito oltre 30.000 persone che sappiano rispondere in pochi giorni a tutte le richieste che verranno dalle aziende. Infine stiamo per lanciare il “prestito di impatto”, a tasso zero e con scadenze lunghe da dedicare all’attività a maggior impatto sociale: a chi realizza un ospedale, chi fa ricerca scientifica, chi aiuta poveri e malati, una decina di settori a più alta valenza sociale”.

Insomma, Messina con orgoglio rivendita le azioni messe in campo nell’arco di poche settimane dalla sua banca. Ma allo stesso tempo chiede che questo sia un impegno condiviso. “Gli imprenditori – ha detto l’Ad di Intesa – che hanno ricchezza in Italia e all’estero facciano tornare i loro soldi in azienda e lascino ai più deboli gli aiuti pubblici. In Europa il Mes può ricapitalizzare la base che finanzierebbe fino a 600 miliardi. E l’Italia – ha aggiunto – sfrutti il suo grande patrimonio immobiliare”.

Infine, un cenno all’offerta di acquisto lanciata da Intesa su UBI che i soci storici continuano a rigettare. “L’offerta è più che mai valida – ha confermato Messina – andiamo avanti con grande determinazione puntando su una maggiore offerta di credito, valorizzazione delle persone dei territori, tutela occupazionale interventi per il sociale. Sono sempre più convinto che lo scenario bancario italiano cambia e cambierà profondamente quest’anno, e la dimensione sarà ancora più importante: per resistere alle insidie, garantire adeguata redditività gli azionisti, supportare al meglio la clientela. La gran parte dei vantaggi dell’operazione li otterremo anche in presenza di adesioni al 50% più uno del capitale di UBI, e in quel caso saremo lieti di avere come azionisti di minoranza gli azionisti che non aderiranno”.

(Associated Medias)