La nota di archiviazione della Commissione afferma di aver interrotto l’iter a causa di un difetto procedurale e di non aver neppure esaminato il fascicolo. Secondo Lollobrigida, però, questo significa che la Commissione non ha riscontrato incompatibilità col diritto europeo

di Mario Tosetti

L’adozione della legge italiana volta a proibire la produzione di carne coltivata ha riscontrato un ostacolo significativo. Presentata a dicembre e in seguito sottoscritta dal presidente Mattarella, la legge, nota come ddl Lollobrigida, ha subito un processo legislativo molto veloce. Tuttavia, ha dovuto ottenere l’approvazione dell’UE per poter diventare operativa, secondo quanto pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

La Commissione Europea ha comunicato al governo italiano, con una nota del 29 gennaio riportata dal Foglio, di aver deciso di archiviare prematuramente la notifica sulla legge. La nota inviata da Bruxelles al governo  comunica di aver archiviato in anticipo la notifica sulla legge che vieta la “carne sintetica”, il cosiddetto ddl Lollobrigida, perché “il testo è stato adottato dallo stato membro prima della fine del periodo di sospensione” previsto dalle direttive europee. Da qui, l’invito della Commissione al governo italiano “a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia”.

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, ha commentato in una nota che la Commissione Europea ha concluso il procedimento Tris, messo in atto a seguito della notifica della legge sulla carne coltivata. Questa conclusione significa che l’UE ha confermato definitivamente la compatibilità della legge con i principi del diritto dell’Ue relativi al mercato interno. Altrimenti, avrebbe formulato un parere dettagliato, indipendentemente dal metodo di notifica. Di conseguenza, non sarà avviata nessuna procedura di infrazione, né l’Italia sarà chiamata di abrogare la legge. ” La Commissione chiede solo di essere informata sull’applicazione della legge da parte dei giudici nazionali. Come per tutti i provvedimenti che entrano in vigore in Italia, spetta ai giudici nazionali, in sede di applicazione, l’ulteriore vaglio di compatibilità con il diritto dell’Unione”.

Al di là dell’aspetto politico, lo stop è quindi dovuto ad una questione procedurale: l’iter di valutazione della Commissione doveva concludersi il 4 marzo, ma l’intera pratica è stato chiusa in netto anticipo, tanto che la Commissione non è neppure entrata nel giudizio di merito, perché è stata in principio violata la procedura.

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