Negli ultimi tempi, la Cina ha incrementato le pressioni diplomatiche e militari su Taiwan, nonostante la sua dichiarazione di volere una riunificazione pacifica. Recentemente, ulteriori tensioni sono emerse quando la Cina ha utilizzato palloni spia e ha mobilitato forze armate contro Taiwan

di Mario Tosetti

La Cina, l’11 gennaio, ha esortato i cittadini di Taiwan a fare una “scelta ponderata” nelle imminenti elezioni presidenziali del 13 gennaio. Ha descritto il candidato in pole position come “un rischio considerevole”, sottolineando la sua prospettiva separatista.

Lai Ching-te, attuale vicepresidente e membro del Partito Progressista Democratico (Ppd), è visto come il favorito nella corsa elettorale. La sua campagna è seguita da vicino sia dalla Cina, che vede Taiwan come una provincia ribelle, sia dagli Stati Uniti, principale fornitore di armamenti dell’isola.

Chen Binhua, portavoce dell’ufficio cinese incaricato delle relazioni con Taiwan, ha affermato che nel caso di una eventuale vittoria, Lai Ching-te potrebbe promuovere attività separatiste che aggraveranno ulteriormente le tensioni tra Pechino e Taipei.

Il ministro degli esteri taiwanese Joseph Wu, rispondendo a quest’affermazione, ha suggerito a Pechino di astenersi dall’interferire nelle elezioni di altre nazioni e concentrarsi invece sull’organizzazione di elezioni democratiche in casa propria, attraverso un messaggio sul social network X.

Negli ultimi tempi, la Cina ha incrementato le pressioni diplomatiche e militari su Taiwan, nonostante la sua dichiarazione di volere una riunificazione pacifica. Recentemente, ulteriori tensioni sono emerse quando la Cina ha utilizzato palloni spia e ha mobilitato forze armate contro Taiwan. Queste azioni hanno causato attriti con gli Stati Uniti, che si oppongono ad interferenze nei processi elettorali taiwanesi.

Nei recenti anni, la Cina ha incrementato notevolmente la pressione sia diplomatica che militare nei confronti di Taiwan. Sebbene pubblicamente asserisca la volontà di procedere ad una “riunificazione pacifica”, Pechino non esita a minacciare l’uso della forza, se necessario.

La scorsa settimana, viene riportato che quattro palloni spia cinesi hanno violato la linea mediana che divide la Cina dall’isola, come affermato dal ministero della difesa taiwanese. Parallelamente, l’esercito cinese ha schierato quattro navi e dieci aerei militari. Lo status incerto di Taiwan rappresenta uno dei punti più delicati nel rapporto tra Cina e Stati Uniti.

In risposta a queste azioni, un funzionario del governo americano di alto livello, che ha preferito rimanere anonimo, ha enfatizzato che gli Stati Uniti sono contrari a “qualsiasi interferenza nel processo elettorale dell’isola”. Mao Ning, portavoce del ministero degli esteri cinese, il 11 gennaio ha ribadito che gli USA “dovrebbero evitare di intervenire negli affari interni di Taiwan per non compromettere in modo grave le relazioni sino-americane”.

Ad inizio settimana, durante un incontro a Washington, alcuni alti funzionari militari cinesi hanno sottolineato ai loro omologhi americani che la Cina “non farà mai compromessi su Taiwan”, invitando gli Stati Uniti a “cessare la fornitura di armi all’isola”.

Hou Yu-ih, del Kuomintang, partito favorevole a stringere relazioni più vicine con Pechino, si impegnava a “non svendere Taiwan alla Cina” e a mantenere i rapporti con gli Stati Uniti, affermando categoricamente che l’annessione a Pechino non sarebbe un’opzione se fosse eletto: “Sono a favore del mantenimento dello status quo”

Nel suo discorso di Capodanno, il presidente cinese Xi Jinping, d’altro canto, ha dichiarato con convinzione che la “riunificazione avverrà sicuramente”. Di fronte a queste crescenti pressioni di Pechino, la presidente uscente Tsai Ing-wen si è mossa per aumentare i fondi destinati alla difesa.