Giorgetti ha avvertito che, per mantenere la sostenibilità del debito, la Nadef prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del Pil nel biennio 2024-2026. Nel dettaglio si tratterà di “dismissione di partecipazioni societarie pubbliche”

di Carlo Longo

“Gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3%”, lo si legge nella relazione al Parlamento sulla Nota di aggiornamento al Def.

Nella premessa alla Nadef lo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è apparso cauto.  “La situazione è più delicata di quanto prefigurato in primavera”, ha affermato Giorgetti che ha aggiunto, “Dopo una buona partenza nei primi mesi del 2023, nel secondo trimestre la crescita dell’economia italiana ha subìto una temporanea inversione di tendenza, risentendo dell’erosione del potere d’acquisto delle famiglie dovuto all’elevata inflazione, della permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina, della sostanziale stagnazione dell’economia europea e della contrazione del commercio mondiale. In una situazione in cui la finanza pubblica è gravata dall’onere degli incentivi edilizi, dal rialzo dei tassi e dal rallentamento del ciclo economico internazionale, è necessario fare scelte difficili”. Pertanto, ha sottolineato il ministro, il governo ha scelto di affrontare “i problemi più impellenti – inflazione, povertà energetica e alimentare, decrescita demografica – promuovendo al contempo gli investimenti, l’innovazione, la crescita sostenibile e la capacità di reagire dell’economia”.

Per queste ragioni per garantire la sostenibilità del debito “il nuovo scenario programmatico prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del Pil nel biennio 2024-2026. Nel dettaglio si tratterà di “dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, rispetto alle quali esistono impegni nei confronti della Commissione europea legati alla disciplina degli aiuti di Stato, oppure la cui quota di possesso del settore pubblico eccede quella necessaria a mantenere un’opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico”.

Gli spazi in deficit per 3,2 miliardi nel 2023 “attraverso un provvedimento d’urgenza, saranno destinate, in particolare, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori”.

Lo spazio in deficit ricavato nel 2024 per la manovra è di 15,7 miliardi. “Nel 2024 e 2025, le risorse saranno utilizzate, nell’ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro anche nel 2024 e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale, il sostegno alle famiglie e alla genitorialità, la prosecuzione dei rinnovi contrattuali della Pa con particolare riferimento alla sanità, il potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti del Pnrr, nonché il finanziamento delle politiche invariate”.

In sostanza: “alla luce della modesta crescita dell’attività economica prefigurata dalle stime interne per il secondo semestre, tali fattori portano a rivedere al ribasso la previsione di crescita annuale del prodotto interno lordo (Pil) in termini reali del 2023 dall’1,0 per cento del DEF allo 0,8 per cento e la proiezione tendenziale a legislazione vigente per il 2024, dall’1,5 per cento all’1,0 per cento. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al Def, la proiezione tendenziale di crescita del Pil per il 2025, all’1,3 per cento, mentre quella per il 2026 migliora marginalmente, dall’1,1 per cento all’1,2 per cento”.

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