A fronte delle critiche alla riforma della Giustizia mosse dall’Anm il ministro della Giustizia ha puntato il dito contro il presidente dell’Associazione affermando che sono senz’altro interferenze quelle di un presidente di un sindacato che muove critiche severissime prima ancora che sia noto il testo di legge ufficiale

di Carlo Longo

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha deciso di rispondere apertamente alle critiche che sono state mosse alla riforma da lui voluta dall’Anm (Associazione nazionale magistrati). Il Guardasigilli rivolgendosi direttamente al presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia: “Se il rappresentante di un sindacato di magistrati, prima che fosse noto il testo del disegno di legge, pronuncia tutta una serie di critiche severissime”, allora, “secondo me in corretto italiano significano interferenze”, ha detto a chiare lettere Nordio durante la sua partecipazione ad un festival a Taormina.

“Se un magistrato singolarmente ritiene che dal suo punto di vista una legge sia sbagliata dal punto di vista tecnico, nessuno ha il diritto di dire che interferisce. In questo caso invece si tratta del rappresentante di un sindacato dei magistrati che aveva pronunciato una serie di critiche severissime prima ancora che fosse noto ufficialmente il testo del disegno di legge. Queste cose per me significano interferenze”, ha aggiunto Nordio.

Inevitabile, dopo qualche ora, la reazione del diretto interessato: “I magistrati e l’Anm, che ne ha da oltre un secolo la rappresentanza, hanno non solo il diritto ma anche il dovere di prendere parola, per arricchire il dibattito sui temi della giustizia – replica Santalucia – . Perché in tal modo ampliano il confronto e contribuiscono, con il loro punto di vista argomentato e ragionato, a migliorare ove possibile la qualità delle riforme. Questa è l’essenza della vita democratica”

Nel corso del Festival a Taormina, Nordio, ha parlato poi di tutte le misure cardine della riforma della giustizia. “L’abuso d’ufficio era ed è ancora un reato così evanescente che complica soltanto le cose senza aiutare minimamente, anzi ostruendo le indagini perché intasano le procure della Repubblica di fascicoli inutili disperdendo le energie verso reati che invece dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione”, ha spiegato il ministro che ha continuato, “Tutti conoscevano le mie idee-, sono stato chiamato per realizzare le mie idee. E questo è solo l’inizio. Se l’Europa ci chiedesse una sorta di rimodulazione del nostro sistema integrato repressivo, noi siamo disposti ad accoglierla, ma non nella forma in cui esisteva l’abuso d’ufficio, che era così evanescente atipico da non avere uguali, tra l’altro, in nessun altro ordinamento europeo”.

A proposito di intercettazioni Nordio ha commentato: “usiamo una parte delle risorse per le intercettazioni inutili sui cittadini normali e spostiamoli sulle  indagini sulla grande criminalità organizzata. E’ un discorso che  abbiamo fatto con il Procuratore antimafia Melillo. Perché noi siamo tecnologicamente arretrati. Io intendo potenziare le intercettazioni sulla mafia ma servono risorse. Siamo indietro di anni sulle tecnologie che usano le grandi organizzazioni  criminali, perché non abbiamo i soldi per pagare gli strumenti che intercettano le organizzazioni criminali, che sono molto più avanti  con la tecnologia Lo stesso trojan che oggi viene  considerato il meglio del meglio, o il peggio del peggio, è superatissimo. La criminalità organizzata usa dei sistemi che oggi non riusciamo a intercettare perché non abbiamo i soldi per farlo”.

E ancora, circa i criteri più stringenti legati alla possibilità di disporre la misura di custodia cautelare in carcere il Guardasigilli ha spiegato: “È giusto che una persona venga avvertita prima di essere arrestata, così si possa difendere e non dopo, quando verrà scarcerato dal Tribunale della Libertà. A me sembra un principio di coerenza” ha dichiarato il ministro Nordio a Taormina. “Nella nostra proposta  – ha aggiunto – se il giudice, dopo l’interrogatorio emette l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, deve motivare perché dissente dalla linea di difesa dell’imputato. Se è una difesa non convincente, allora lo manda in prigione”.