Una recente ricerca del Potsdam Institute for Climate Impact Research dimostra che i carburanti fossili hanno una carbon footprint molto alta, ma svela anche che le tecnologie verdi non sono tutte uguali. Enel Green Power si conferma in linea con i propri impegni di riduzione delle emissioni climalteranti


di Ennio Bassi

“Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi”. Questo invito alla chiarezza di Galileo Galilei è sempre d’attualità, ma assume un’importanza ulteriore quando si parla di argomenti complessi e allo stesso tempo delicati come la sostenibilità o, più in generale, le tematiche ambientali.  Prendiamo, ad esempio, la “carbon footprint”. Se ne discute spesso, ma non sempre correttamente. Partiamo dunque da qui per fare un po’ di chiarezza su queste tematiche, che tanto condizionano la nostra vita ed il nostro futuro, per capire anche come si sta muovendo il mercato.

La carbon footprint, in italiano traducibile con “impronta di carbonio”, è un parametro utilizzato per valutare l’impatto ambientale delle attività umane sul cambiamento climatico e sull’aumento della temperatura globale. E’ un parametro importante, perché permette di stimare le emissioni di gas serra causate da prodotti, servizi, organizzazioni, eventi o individui, espresse in tonnellate di CO2 equivalente. In altri termini, è questa “impronta” che stabilisce se e quanto ciascuno di noi inquina.

Di recente il Potsdam Institute for Climate Impact Research ha condotto uno studio internazionale per valutare la carbon footprint anche delle tecnologie verdi considerate “low emission”. Gli scienziati hanno analizzato le interazioni ambientali di diverse fonti energetiche, fossili e no, in tutte le fasi del loro ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime alla produzione, distribuzione, uso, riciclo e dismissione. E l’esito di quest’analisi ha dato risposte molto nette.

Si scopre, ad esempio, che i carburanti fossili hanno una carbon footprint molto alta, ma anche che le tecnologie verdi non sono tutte uguali. Michaja Pehl, autore principale dello studio, ha dichiarato: “Anche le tecnologie energetiche non fossili, presentano ancora una certa quantità residua di emissioni di gas climalteranti nel loro ciclo di vita: ad esempio perché hanno bisogno di energia per essere costruite e gestite, e a tutt’oggi quest’energia è in parte di origine fossile “.

Lo studio ha anche sfatato il mito del carbone pulito: infatti, analizzando le emissioni dei futuri sistemi di generazione low carbon, i ricercatori hanno scoperto che le centrali termoelettriche equipaggiate con tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) sarebbero responsabili di circa 100 grammi di CO2eq per kWh di elettricità prodotta, ovvero dieci volte tanto rispetto a fotovoltaico ed eolico, le due soluzioni energetiche con la minore carbon footprint.

In altre parole, i ricercatori del Postdam Institute hanno confermato che le tecnologie verdi hanno impatti diversi in termini di impronta di carbonio, e tra queste le più ‘verdi’ sono l’eolico e il solare. Allo stesso tempo hanno detto, chiaro e tondo, che il carbone pulito non è un’alternativa credibile, smentendo l’affermazione che l’energia prodotta da fonti a carbone possa svolgere un qualche ruolo nel futuro. Il che non è poca cosa, considerato che siamo in un momento in cui, a causa della guerra in Ucraina, le energie fossili sono tornate di moda.

Veniamo ora al mercato. Enel Green Power, uno dei principali produttori di energia elettrica green a livello globale, ha annunciato il proprio impegno per la decarbonizzazione della generazione di elettricità. Attualmente il 66% dell’elettricità prodotta dal Gruppo Enel è generata senza emissioni di CO2, ma l’azienda si è impegnata a portare questa percentuale all’85% entro il 2030. Inoltre, Enel ha raddoppiato il proprio impegno per eliminare completamente l’uso di combustibili fossili, anticipando la data prevista dal 2050 al 2040. Per raggiungere questi obiettivi, l’azienda investe ogni anno nella costruzione di nuovi impianti che utilizzano solo fonti rinnovabili come il sole, il vento e l’acqua. Enel Green Power è già il maggior operatore privato al mondo in termini di capacità rinnovabile installata, che rappresenta il 60% della capacità totale, e l’obiettivo è quello di arrivare all’80% entro il 2030.

Enel Green Power continua infatti a raggiungere traguardi sempre più ambiziosi: dopo aver raggiunto nel 2021 la gestione di circa 54 GW di capacità rinnovabile complessiva, migliora il proprio ‘primato’ arrivando a 59 GW nel 2022. Nonostante le difficoltà causate dalla pandemia, la società è riuscita a proseguire la propria crescita con la costruzione di nuovi impianti, sempre mettendo al primo posto la tutela della salute dei propri lavoratori e delle comunità locali.

La nuova capacità rinnovabile costruita nel 2022 è in grado di generare circa 13 TWh all’anno, evitando l’emissione di circa 9 milioni di tonnellate di CO2 nell’atmosfera ogni anno. Questa nuova capacità elimina inoltre la necessità di acquistare 2,9 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

Questo contributo aiuterà anche il Gruppo Enel a raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra a 140gCO2eq/kWh entro il 2024 e di ridurre l’80% delle emissioni dirette entro il 2030. Questi obiettivi sono in linea con l’obiettivo globale di raggiungere il Sustainable Net Zero al 2040.

Insomma, per restare ai fatti, e alla chiarezza di Galileo il futuro delle rinnovabili sta in un uso sempre maggiore delle energie rinnovabili. Concludiamo citando, ancora a titolo di esempio, il fotovoltaico. In questo settore l’impronta di carbonio dei moduli è migliorata dell’80% negli ultimi anni e i moduli vetro-vetro consentono un taglio aggiuntivo. Se poi i pannelli sono prodotti in Europa le cose migliorano ulteriormente. “Con i moduli fotovoltaici prodotti nell’UE, si risparmia il 40% di emissioni di CO2 rispetto ai moduli importati dalla Cina”. Sono le parole di Holger Neuhaus, responsabile tecnologico per i moduli fotovoltaici presso Fraunhofer ISE, commentando i risultati che l’istituto di ricerca tedesco ha ottenuto confrontando l’impronta del carbonio di sei moduli in silicio monocristallino prodotti.

Ecco, il futuro dell’energia sta qui, sta cioè nella capacità di fare scelte non dettate dall’emergenza ma basate sulla sostenibilità reale di ogni mezzo, su parametri come il “carbon footprint”.

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