di Luigi Marino

Che cosa lega un’arancia rossa di Sicilia ad una blockchain? Può esserci veramente un legame tra l’agrume dalla polpa purpurea e il registro digitale condiviso ed immutabile, le cui voci sono raggruppate a blocchi? La risposta è si, ciò che unisce queste due cose così diverse tra loro è Almaviva, la multinazionale più innovativa d’Italia, la regina del “digitale assoluto”.

Almaviva è una società fondata nel 1983 da Alberto Tripi, un ingegnere informatico di Roma con la passione per l’innovazione, il fiuto per gli affari e lo sguardo aperto al mondo. I numeri di questo colosso già parlano da soli: leader mondiale nell’Information & Communication Technology, 45mila dipendenti, quasi un miliardo di fatturato. Ma per comprendere la vera essenza di questa multinazionale, il cui nome nulla a che fare con il conte rossiniano protagonista del barbiere di Siviglia ma è l’acronimo che sintetizza i nomi di famiglia del fondatore (Alberto, Marco, Viviana, Valeria), è sufficiente osservare la struttura che ospita gli uffici di Roma.

La fortezza ipertecnologica che accoglie il popolo di Almaviva è presidiata da tre modernissime torri battezzate con il nome di altrettanti geni italici, tutti di assoluta grandezza: Leonardo, Galileo e Marconi. L’espressione di origine augustea, “Genius loci” è quella che meglio descrive l’essenza del quartier generale di questo gigante del digitale. Lo spirito del luogo infatti appare a prima vista. Basta entrare per capire che tra queste modernissime mura di vetro, ferro e cemento le parole chiave sono tre: ricerca, innovazione, eccellenza. Concetti fondanti che a loro volta girano intorno alla vera stella polare di questa azienda, che è l’uomo.

Tanto il fondatore e attuale presidente Alberto Tripi che l’amministratore delegato, il figlio Marco, hanno infatti messo l’essere umano al centro dell’azienda seguendo un’equazione semplice: quelli di Almaviva sono prodotti intellettuali, frutto delle competenze, delle intuizioni e degli studi fatti da persone, quindi l’uomo è epicentro inamovibile di questa multinazionale.

In Italia, un simbolo di questa tipologia di imprese fu quella creata da Adriano Olivetti. Come gli uomini del mitico Adriano diedero vita al primo computer, così gli uomini dell’altrettanto mitico Alberto negli anni 80 diedero vita a prototipi di robotica domestica. Quella che oggi chiamiamo Iot (Internet of things) e prodotti come Alexia. Si, sembra incredibile ma negli anni ’80 la mamma di Alexia, stava già sulla scrivania di Tripi. In Almaviva tuttavia si è andato oltre la concezione olivettiana della fabbrica. Perché qui, il rispetto dell’essere umano spesso è stato superiore anche alle logiche di profitto. Soprattutto nella gestione dei “call-center”, settore in cui Almaviva è indiscussa leader, più di una volta i vertici dell’azienda, dimenticandosi dei profitti, hanno puntato a salvare i posti di lavoro anche quando loro grandi clienti hanno abbandonato l’Italia per risparmiare delocalizzando all’estero.

Soltanto un’azienda con questo dna poteva mettere insieme le arance rosse e le blockchain. L’intuizione iniziale è ancora una volta geniale. Ma partiamo dal principio. Il nome del progetto è di nuovo un acronimo. Si chiama “Rouge” e vuol dire “Red Orange Upgrading Green Economy”. L’obiettivo è proteggere il tipico frutto siciliano dalla contraffazione. Questo significa salvaguardare l’identità di un prodotto e di un territorio e i diritti di chi lo produce. Lavorando in collaborazione con il Consorzio di tutela dell’Arancia Rossa di Sicilia IGP e con l’Università di Catania, gli ingegneri di Almaviva si mettono così alla ricerca di una soluzione tecnologia in grado di rendere certa l’identificazione della produzione e di facilitarne gli spostamenti, soprattutto quelli all’estero.

L’output finale è un bollino tecnologico che consente identità e tracciabilità alle famose arance siciliane. In sostanza i tecnici di Almaviva hanno progettato una piattaforma digitale basata appunto su tecnologia Blockchain che consente in qualsiasi momento di garantire a consumatori e produttori l’autenticità del prodotto e il percorso che ha compiuto dalla pianta fino ad arrivare a tavola.

Quello realizzato da Almaviva è un bellissimo e soprattutto efficacissimo prodotto tipico dell’agricoltura 4.0. Le arance rosse sono un’eccellenza del “made in Italy” ma troppo spesso sono vittime di frodi e contraffazioni. Con “Rouge” oggi per i produttori e i consumatori di questa delizia italiana le cose diventeranno finalmente più semplici. E questo è uno di quei prodotti sperimentali che possono diventare pietra miliare per tutta la grande filiera dell’agroalimentare.

Qualche tempo fa Alberto Tripi, interrogato nel suo ruolo di capo degli innovatori di Confindustria, ebbe a dire: “Non c’è tempo da perdere perché la globalizzazione non aspetta le indecisioni di nessuno e non guarda in faccia nessuno”. In Italia non lo hanno ascoltato in molti. Ma ad Almaviva si. E si vede.