Il mal di testa che non va via, la nausea, talvolta le vertigini e, molto spesso, la stanchezza oculare fino all’offuscamento della vista. Fare pressione sulle tempie non serve a molto, solo ad assecondare l’istinto. Ma il dolore è talmente battente e fastidioso da condizionare anche i comportamenti, come la capacità di stare in pubblico, e generare il fastidio nei confronti di rumori o della luce. Parliamo dell’emicrania cronica, sempre più diffusa e, per i suoi effetti, considerata altamente invalidante.

Molti ne soffrono e chi non ne soffre certamente conosce qualcuno che ne è colpito sistematicamente, fino a 28 giorni al mese. Del resto, i numeri di incidenza sulla popolazione rivelano una situazione piuttosto preoccupante: si parla del 2% della popolazione globale, di cui il 4% in Europa e, solo in Italia, fino al 3%. Ma cos’è l’emicrania cronica, cosa la provoca e, soprattutto, come si cura?

Per rispondere a queste domande la prima cosa che bisogna fare è chiamare le cose con il proprio nome. L’emicrania cronica non è un disturbo, è una malattia neurologica fortemente invalidante, che può compromettere le varie attività giornaliere, di tipo personale e professionale. Può essere causata da diversi fattori, come lo stress, traumi fisici o emotivi, l’uso eccessivo di farmaci sintomatici, l’alterazione dei ritmi del sonno oppure da variazioni ormonali o metereologiche. In alcuni casi da una predisposizione genetica. Certo è che quando il classico analgesico non è sufficiente a lenire il dolore significa che qualcosa di più serio sta succedendo a livello neurologico. Il problema più grave, oltre al dolore, sono gli effetti.

Effetti che condizionano la vita del paziente al punto tale da aver indotto la Camera, la scorsa estate, all’approvazione del tanto atteso Ddl Lazzarini, che evidenzia il forte impatto della malattia – anche dal punto di vista economico – sulla qualità della vita e che consentirà al Sistema Sanitario Nazionale di classificarla come patologia sociale. «Può causare anche vomito ripetuto o attacchi di dissenteria – racconta Lara Merighi, coordinatrice dell’Associazione dei pazienti di Emicrania Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.) – ma ciò che è peggio è che le persone che ne soffrono preferiscono non parlarne, chiudersi nel silenzio, perché si vergognano. Si vergognano di dire che stanno male perché sanno che il loro malessere dagli altri viene percepito come un semplice “mal di testa”, un disturbo che si risolve con una pillola. Non è così. C’è ancora molto pregiudizio. E l’emicrania cronica viene ancora considerata un male che colpisce le persone deboli».

Quanto alle cure, chiaramente la ricerca non si ferma mai. Esistono nuovi rimedi che stanno iniziando ad essere usati su alcuni pazienti per vedere l’efficacia nella pratica quotidiana ed esistono trattamenti ormai consolidati nelle forme gravi di emicrania, come la tossina botulinica di tipo A, che da oltre otto anni viene utilizzata con successo.

Si tratta normalmente di piccole iniezioni sulla fronte, le tempie, sui muscoli posteriori del collo che inibiscono il rilascio di mediatori dell’infiammazione, causa di dolore, e, di conseguenza, dell’emicrania cronica.  Dopo il trattamento, il dolore diminuisce e i muscoli interessati si distendono e si rilassano. All’inizio la terapia si ripete ogni 3 mesi ma, con il tempo, il suo effetto si prolunga ed è quindi possibile distanziare le successive sedute.  Questa terapia ha radicalmente migliorato lo stile di vita di molte persone affette da emicrania cronica, riducendo così le difficoltà nel contesto lavorativo e nei rapporti familiari, la riduzione di produttività e la solitudine. «Usando la tossina botulinica – spiega il Prof. Paolo Martelletti, Direttore del Centro Regionale per le Cefalee dell’Università Sapienza presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma – progressivamente si ha un miglioramento della sintomatologia, una riduzione dell’intensità delle crisi, prima, e della loro frequenza, poi, fino a dimezzarla. Questo perché la tossina interviene riducendo l’azione delle sostanze implicate nella genesi dell’emicrania. Più si va avanti con la terapia – continua il professore – e più il miglioramento delle condizioni del paziente tende a prolungarsi, nel tempo, e gli effetti benefici a mantenersi. È una cura consolidata e senza effetti collaterali, ma va affidata a mani esperte».

Un impatto di grande importanza, soprattutto se si prende coscienza delle sofferenze sopportate da chi vive questa patologia: «Una vita fatta di rinunce, solitudine, silenzi – continua Lara Merighi – chi ci sta intorno purtroppo è la seconda vittima, non possiamo essere certi di programmare nulla, nemmeno una vacanza. Purtroppo, l’emicrania cronica viene ridicolizzata e sottovalutata. Eppure è orribile da vivere, specie in una società dove non è sufficientemente conosciuta e capita».

Quando la tossina botulinica è stata messa in commercio per trattare l’emicrania cronica risultò da subito un trattamento innovativo che, gestito nei centri per la cura della cefalea, porta grandi benefici. Benefici che migliorano nel tempo, come dichiarato dalla Prof.ssa Cristina Tassorelli, Professore di Neurologia dell’Università di Pavia e Direttore dell’Headache Science Centre della Fondazione Mondino Istituto Neurologico Nazionale IRCCS – che già due anni fa, in un convegno a Roma promosso da Allergan, l’azienda produttrice del farmaco, sintetizzava così: «Nei vari studi real-life pubblicati, i pazienti passano da 28 giorni di mal di testa al mese a 20 già con il primo trattamento, giungendo poi ad averne meno di 15 nei successivi. Si tratta di più di metà vita regalata». È proprio in questo modo che vengono percepiti i benefici della terapia anche dai pazienti. Parlano di vita recuperata, dove l’unità di misura sono i giorni. I giorni al mese in cui non si verificano attacchi: «Per noi è importante recuperare tempo da trascorrere in modo normale – continua Lara Merighi – significa restituire dignità alle nostre vite».